Narrazione Interattiva in Realtà Virtuale: Vivere il film
Sono stata invitata al OpenDay del CrossmediaLab dell’Università di Bogotà Jorge Tadeo Lozano per parlare sulle diverse possibilità delle narrative che si possono sperimentare nella realtà virtuale. Se pensiamo al concetto Realtà Virtuale al di fuori del contesto tecnologico, troviamo una grossa ambiguità del termine che vuol dire qualcosa tipo: “la realtà virtuale è un evento o soggetto che è reale in effetto ma non di fatto”, quest’ambiguità gioca con quello che effettivamente succede quando utilizziamo un HMD (head mounted display) ovvero la maschera di realtà virtuale: la realtà fisica si allontana dalla realtà cognitiva, la nostra mente vive una realtà diversa a quella che vive il nostro corpo, situazione che possiamo vivere “in natura” quando dormiamo o sotto l’effetto di qualche sostanza psicodelica o anestisiante. Non in vano Google ha denominato la sua azienda per la VR “Daydream“.
Inizia quindi una sfida per i creatori di contenuti. Abbiamo un nuovo mezzo a disposizione per raccontare storie che ora sono esperienze, e cambiano le regole del gioco. Per chi proviene da un background nettamente tecnologico e abbia voglia di creare esperienze complesse oltre alle situazionali, ha bisogno di iniziare a prendere in considerazione i concetti basilari della narrativa classica, la cinematografia e il teatro, perché sono queste arti quelle che offrono gli indizi e le chiavi per iniziare a decostruire il linguaggio della Realtá Virtuale, un linguaggio che in qualche modo possiamo intuire grazie alla educazione audiovisiva che abbiamo ricevuto grazie ai film e la tv, e alla educazione interattiva che ci ha offerto l’ipertestualità negli ultimi vent’anni. Non è un mezzo strano per noi, anche se è diverso da qualsiasi altro mezzo che abbia mai creato l’umanità e che poteva solo emergere oggi con gli sviluppi tecnologici. Nelle caverne, le chiese, le tombe e i panorami, l’uomo ha cercato di creare ambienti sferici che rinchiudono la visione umana per allontanarlo dalla realtà quotidiana, ciò nonostante solo ora la nostra coscienza riesce ad essere completamente estrapolata. Chris Milk, uno dei più riconosciuti creatori per VR, dice che la realtà virtuale è l’ultimo medium, il medium definitivo, perché se negli altri medium la coscienza interpretava il medium, in VR la coscienza è il medium.
In effetti, il creatore diventa una sorta di Dio, creando una realtá dove immergerá completamente al suo recettore, da dove il fruitore può solo uscirne togliendo la maschera. Emergono quindi tante domande: “come possiamo creare esperienze attraenti che riescano a mantenere l’attenzione del fruitore?” “come possiamo creare un senso di autonomia e libertà per il fruitore nel nostro universo narrativo?” “come possiamo dare un vero senso di realtà che permetta una vera immersione?”
Mentre l’era dell’informazione elettronica matura, l’era dell’esperienza inizia. Già nella storia dell’umanità migliaia di artisti ci hanno regalato un vasto numero di universi narrativi che possiamo riconoscere a colpo d’occhio. È ora di iniziare a pensare come portare questi universi a un mezzo che mette alla prova la nostra sensorialità e la nostra corporeità. E mentre diventiamo sempre più bravi a creare esperienze artificiali, alcune delle domande tradizionali della filosofia smettono di essere solo ipotesi. Nel momento in cui il nostro tempo trascorre in una realtà parallela diversa, nell’altrove, e anche se per un solo istante ci dimentichiamo della realtà -quella reale- cominciamo a chiederci cos’è la realtà, eppure, cos’è l’esistenza.
Nella prossima settimana svilupperemo un workshop con 12 studenti con l’obiettivo di creare due cortometraggi a 360º dove il tema centrale sarà la riconciliazione, tema molto importante in Colombia a proposito degli accordi di pace.
Published on: Carné di Ricerca Digital Humanities